Le parole di Cucchi sul calcio e su Tommaso Maestrelli
Riccardo Cucchi, il calcio e il segreto di Maestrelli – Interessante e mai banale Riccardo Cucchi in quest’intervista a TMW Radio che interessa in generale il mondo del calcio, con una chiosa su Tommaso Maestrelli e la sua Lazio di allora. Queste le sue parole:
Il calcio può cambiare ed evolvere ancora?
“Sono convinto che sia ancora possibile. Né per romanticismo, né per nostalgia. Quest’ultima poi è cattivissima consigliera. Il calcio deve interrogarsi sul dove sta andando a finire e se voglia restare uno sport o andare verso lo spettacolo”.
Quante partite belle vede in una stagione?
“Ne ho viste tante di partite. Ma mentre le raccontavo non pensavo al fatto che fossero belle o brutte. Se non si ama il calcio e si pretende intrattenimento si perde di vista il senso. C’è un problema di questi tempi: c’è stanchezza dei giovani nei confronti di questo sport. Essere annoiati dal calcio, vuol dire non averlo capito. Il calcio si vede dallo stadio, da casa in tv… dal divano con 24 telecamere è una fiction”.
C’è una moltitudine di partite inutili?
“Se giocassero in continuazione, tutti i giorni, Sinner contro Djokovic, cosa pensereste? Il calcio esiste perché esiste la passione di chi lo ama. Anche le squadre più sconosciute hanno degli appassionati che amano la propria squadra e il proprio contesto. Perché il calcio sia appassionante, ha bisogno di sentimenti. In curva vedo gente di ogni età ed estrazione sociale commuoversi ed arrabbiarsi per 90 minuti”.
Vede un calcio con molti meno dribbling?
“Avrete notato come i narratori di calcio oramai quasi non usino più questa parola. Si usa il “saltare l’uomo”. C’era l’ardimento e l’ardire di pensarlo e anche il coraggio di osarlo. La prima cosa che insegnano ai bambini è la triangolazione. Nessuno incoraggia più nell’uno contro uno il ragazzino a saltare”.
Vari esperti di educazione fisica dicono che la coordinazione nasce quando si è piccolissimi.
“Borges diceva che dove c’è un bambino che prende a calci qualcosa, comincia la storia del calcio. Voglio citare un elemento biografico di Bruno Giordano. Lui è nato a Vicolo del Cinque, a Trastevere. Quelle vie sono lastricate di sampietrini. Lui da bambino giocava lì. Da questa esperienza da strada, all’oratorio del Don Orione. Queste sono storie che non esistono più”.
Pafundi che gioca solo in Nazionale e abbiamo mandato a “svernare” in Svizzera?
“Tornando ai settori giovanili c’è un fraintendimento di base. L’altezza media dei calciatori si è innalzata da morire. Pensate che Boninsegna era alto 174 centimetri. Oggi sarebbe considerato basso. Il problema della nostra Nazionale è l’assenza di talento. A volte sottovalutiamo il fattore del talento della Nazionale del 2006. Il mio modo di pensare al futuro del calcio è un’analisi fattuale di quel che abbiamo sottovalutato nel percorso, vale a dire il sentimento”.
Luis Alberto poco tempo fa ha denunciato il fatto di annoiarsi.
“Gli allenatori, diventati esasperatamente tattici, hanno delle colpe. Ero a cena con Franco Nanni, il “6” della Lazio del 1974. Sapete qual era l’allenamento base della Lazio di Maestrelli? Partitelle. Punto e basta. L’overdose di calcio? Se scomparisse tutta la frutta e ci fossero solo le mele, prima o poi le persone si stancherebbero pure delle mele”.
fonte tuttomercatoweb.com
Il sottoscritto, ne ha viste tantissime di quelle partitelle al campo di Tor di Quinto, perchè tutti gli allenamenti si giocavano a porte aperte. Su quella metà campo i ragazzi si scannavano all’ultimo sangue, con giocate nel breve, scambi rapidi e grande dinamica. Ogni gol era un misto di tripudio e umiliazione per l’avversario trafitto. La posta in palio era la vittoria del “clan”, ma alla fine, vinceva la Lazio. Una cosa semplice, saggia e utile; e le cose semplici, sagge e utili sono sempre appannaggio dei grandi personaggi come il mister Maestrelli!