Quanta importanza ha avuto Giorgio Chinaglia nella nostra storia…
Indubbiamente non fu il solo. Ci furono tutta una serie di concomitanze straordinarie e “chimiche” in quella costruzione così impetuosa e imprevedibile di quella squadra nei primi anni ’70. Umberto Lenzini, Tommaso Maestrelli, Antonio Sbardella e tanti altri, che portarono quei ragazzi fino allo scudetto del 1974. Ma non c’è dubbio che lui ne fu il vero e proprio trascinatore.
L’era pre Chinaglia
1961-62 4° in serie B – 1962-63 serie B, 2°, promossa in serie A – 1963-64 8° in serie A – 1964-65 14° in serie A – 1965-66 12° in serie A – 1966-67 15° in serie A, retrocessa in serie B – 1967-68 11° in serie B – 1968-69 1° in serie B, promossa in serie A
L’era Chinaglia
1969-70 8° in serie A (12 gol) – 1970-71 15°, retrocessa in serie B (9 gol) – 1971-72 2° in serie B, promossa in serie A (21 gol capocannoniere) – 1972-73 3° in serie A (10 gol) – 1973-74 1°, Campione d’Italia (24 gol capocannoniere) – 1974-75 4° in serie A (14 gol) – 1975-76 13° in serie A (8 gol)
La città di Roma di allora…
La realtà romana conseguente a quel decennio anni ’60 di frequenti retrocessioni, relegava il Laziale all’angolo di un “ring”. La ribellione di Giorgio fu rivolta proprio a quella realtà di stile romano che aveva relegato e incastrato la Lazio a livello cittadino in uno stato “secondario”, minore.
Non ci dimentichiamo che, nelle trasmissioni televisive della Rai romana, la Sora Lella veniva definita “pecora nera” perché Laziale…
Eravamo una realtà sottomessa, offesa, dileggiata, messa all’angolo da un pugile che continuava a combattere nonostante il suo “peso” fosse assolutamente impari.
La disparità numerica
L’entità numerica dei laziali allora era ai minimi termini. Io stesso fui testimone di un derby in trasferta nella stagione 1972-73 nella quale dalla Montemario si intravedeva una presenza risicata di laziali in curva nord in un angolo, e il resto del settore tutto in mano a loro. Era il 12 novembre 1972, da neopromossi, fu vittoria per 1 a 0 con gol di Nanni al 34°.
Quel mini boato sparso un po’ per tutto lo stadio, faceva capire che eravamo in crescendo; che il lavoro stava dando i suoi frutti, soprattutto con quella stagione straordinaria, antecedente quella dello scudetto.
Giorgio Chinaglia, l’orgoglio sopito dei laziali….
Ebbene, Giorgio Chinaglia, quando arrivò alla Lazio, si ribellò, rialzò in piedi con la sua stazza fisica e morale il Laziale; ci spinse con la forza della sua intervenuta Lazialità, alla ribellione. Rispose pan per focaccia, rispose fisicamente e moralmente. Rispose con l’arma del nemico! Pane pane e vino al vino.
Chinaglia divenne il mito dei tifosi perché fu quell’iniezione di coraggio, fu lui che trascinò e acchiappò per la “collottola” come quando si prende un cucciolo, una persona che è sotto una valanga, sotto le macerie di un devastante terremoto.
Lo si cerca, lo si trova, lo si acchiappa, lo si tira per i vestiti e piano piano lo si trascina su, fino a raggiungere il livello dell’aria, della libertà, fino al livello che gli compete. Fino a dargli respiro, quel respiro cittadino, romano, nazionale e internazionale.
E lo fece cominciando a vincere, a Roma e in Italia!
Quanto la Lazio deve a Giorgio…
Ma quanta parte dobbiamo a questa costruzione di allora del “mito Lazio”, nell’essenza e nell’importanza che ha tutt’oggi questa entità sportiva?
Quanto, dell’attuale conoscenza nazionale ed internazionale, dobbiamo in particolare a quello che è stato l’artefice massimo di quel passaggio epocale di inizi anni ’70? A quel Giorgio Chinaglia che, con le sue gesta, ha innalzato a “mito” l’entità Lazio di allora?
Dai terribili momenti del calcio scommesse, all’altro mito dei meno nove, al passaggio della società da Calleri a Giovanni e poi Sergio Cragnotti. All’arrivo di giocatori come Riedle, Doll, Gascoigne e altri che evidentemente vedevano in quella società ciò che era stato creato in precedenza con quella magia.
Quanto dobbiamo a quella Lazio in merito alla gestione della crisi post Cragnotti, col salvataggio legato anche a motivi di opportunità sociale e politica derivante da quell’ingombrante “entità Lazio” ereditata dai fasti di allora?
Noi dobbiamo tantissimo a Giorgio. Perché quello che ha creato allora, quello che è stato creato in quegli anni, sono state le fondamenta di una Lazio che ora assurge già da qualche decennio ad essere un riferimento nazionale ed internazionale assolutamente conclamato.
E’ importante per noi che lo abbiamo vissuto far comprendere la grandezza di un personaggio che oggi come oggi rappresenta la storia e le fondamenta della nostra Lazio.
Quel mito umano che ha contribuito a far splendere il mito dell’entità superiore “Lazio”, che noi tutti amiamo e veneriamo!