lazio ballotta

Lazio, Marco Ballotta si racconta: “Scudetto sensazione unica, avevamo una squadra veramente forte”. Su Eriksson vi dico che…

by Luca Belardi
0 comment Marco Ballotta / Foto: profilo X Uefa Champions League

L’ex portiere della Lazio, Marco Ballotta, è intervenuto ai nostri microfoni toccando svariati argomenti

Oggi ai microfoni di Lazio Live TV è intervenuto l’ex portiere biancoceleste Marco Ballotta. Il classe 1964 ha parlato del suo passato nella capitale e del rapporto con i tifosi. Queste le sue parole:

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Marco Ballotta / Foto: profilo X Uefa Champions League

Ciao Marco, inizio chiedendoti grazie a chi sei approdato alla Lazio

“Alla Lazio sono arrivato grazie a Dino Zoff che mi ha voluto fortemente. Magari perché si è ricordato della partita Lazio – Modena, quando lui era allenatore e noi vincemmo 1-3 in coppa Italia a Roma. Io credo che lui mi abbia seguito molto e, grazie alle mie prestazioni, decise di portarmi alla Lazio”.

Il tuo rapporto con Marchegiani e Peruzzi

“Il mio rapporto con loro è sempre stato ottimale, anche perché sapevo benissimo il mio ruolo. Nonostante questo io mi sono sempre tenuto pronto per giocare, e penso di aver fatto il mio dovere quando chiamato in causa. Soprattutto con Peruzzi dovevo sempre farmi trovare preparato, visto che purtroppo nell’ultimo anno è stato spesso infortunato”.

Sei arrivato qualche anno prima dello scudetto. Avevi la sensazione che da lì a poco la Lazio avrebbe vinto tanto?

“La sensazione che avessimo una squadra forte era sottintesa, erano presenti calciatori di alto calibro. Credere che avremmo vinto facilmente no, ma durante il campionato abbiamo sempre avuto la percezione di avere una squadra forte. Il primo anno è andato male ma fortunatamente siamo riusciti a vincere la coppa Italia, che ci ha consentito di mantenere lo stesso organico e lo stesso allenatore. Se non avessimo vinto neanche la coppa, probabilmente, si sarebbe cambiato un pò tutto e non ci sarebbero state le basi per migliorare la rosa. Grazie alla vittoria in coppa Italia per 3-1 contro il Milan è scattata la molla, che ci ha permesso di creare una squadra vincente”.

Parliamo dello scudetto. Che atmosfera si respirava quel famoso 14 maggio?

“L’anno dello scudetto fu una sensazione particolare, soprattutto per come si è vinto. Il bello è stato aver terminato prima la partita contro la Reggina vinta 3-0, e poi aver aspettato il risultato di Perugia che è arrivato dopo un’ora. A fine partita è stata una vera apoteosi grazie ai 70.000 tifosi presenti. Una sensazione veramente unica”.

Lo stesso anno, oltre allo scudetto, sono arrivati altri due trofei: coppa Italia e supercoppa europea. A quale sei più affezionato?

“Oltre allo scudetto ci fu anche la vittoria della coppa Italia. Andammo a Milano per la finale contro l’Inter festeggiando il tricolore. Un altro trofeo importante, che ha certificato ancora di più quanto la squadra fosse di livello. La supercoppa europea è stato un altro importante trofeo, vinto contro una delle squadre più forti al mondo: il Manchester United. Sono trofei che in carriera non ti capita di vincere spesso, però con la squadra che avevamo tutto era possibile. Alla fine credo che il trofeo più importante sia stato la prima coppa Italia. Senza quel trofeo, onestamente, non so se si sarebbe vinto”.

Sven Goran Eriksson

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Il tuo rapporto con il presidente Cragnotti e mister Eriksson

“Il mio rapporto con Cragnotti è sempre stato normale, anche perché lui c’era veramente poco. Con mister Eriksson, invece, c’era fiducia reciproca. Lui aveva fiducia in me, oltre che ad essere molto bravo a gestire il gruppo e a far sentire importanti tutti i giocatori, anche quelli che giocavano meno. Io potevo dare una mano anche fuori dal campo, visto che ero già avanti con l’età. 

Pensi sia stata più forte la squadra dello scudetto o quella che vinse la coppa delle coppe?

“Io penso che fossero forti entrambe le squadre, anche perché cambiarono pochi calciatori. Quell’anno lì abbiamo perso anche una coppa Uefa, questo dimostra quanto conti arrivare bene ad affrontare una partita. A volte ci vuole anche un pizzico di fortuna: il calcio è bello anche per questo, perché non è matematico”.

Nel 2005 hai fatto ritorno nella capitale, battendo il record di anzianità in Serie A e togliendo il posto a Muslera. Lo avresti mai immaginato?

“Sono tornato ad un’età avanzata, e vuol dire che qualcosa di buono in precedenza avevo lasciato. Credo di aver sempre fatto il mio dovere sia in campo che fuori. Mi interessava soltanto giocare, non pensavo assolutamente a battere questi record. L’ultimo anno ho giocato quasi 40 partite, e per uno della mia età è una grande soddisfazione. Muslera è arrivato molto giovane, e si vedeva che ancora doveva formarsi sia fisicamente che tecnicamente. Roma sappiamo com’è non è mai facile, magari ti etichettano se fai qualche errore e dopo fai fatica se non hai un carattere forte. Muslera, nonostante la prima annata non sia stata delle migliori,  è stato veramente bravo, e lo dimostra il fatto che ancora gioca a grandissimi livelli”.

Per il potenziale che aveva, la Lazio poteva vincere di più in quegli anni?

“Io sono sempre del parere che abbiamo vinto tanto ma che si potesse vincere qualcosa di più. Vincere comunque non è mai facile, come dimostra la finale persa meritatamente a Parigi contro l’inter. Viste tutte le partite disputate tra campionato e varie coppe arrivammo a quella gara stremati. Se li avessimo incontrati in un altro momento, probabilmente, quella partita l’avremmo vinta. Come ho detto anche in precedenza nel calcio ci vuole anche un pizzico di fortuna, per consentirti di arrivare ad affrontare determinate partite nel migliore dei modi e, purtroppo, in quella gara non è stato così. Questo è un cruccio che mi porto dietro, perché penso che avessimo tutte le carte in regola per portare a casa anche la coppa Uefa”.

Il tuo rapporto con i tifosi della Lazio

Il rapporto con i tifosi penso che sia buono ancora oggi. Penso di essere ricordato per le cose buone che abbiamo fatto. Il mio rapporto con i tifosi è buono, anche perché ho sempre dato tutto per la squadra e penso che questo sia stato apprezzato. Ho sempre fatto tutto quello che potevo e dovevo fare”.

 

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