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il momento della battaglia

La Lazio del 1974, intervista a Martini da brividi sulla banda Maestrelli

by Paolo Buchetti
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Lazio del 1974, Martini racconta la banda Maestrelli

Lazio del 1974, il racconto di Martini – Leggendo le parole di Gigi Martini di questa intervista, non riesco a restare con quell’animo quieto e sereno che normalmente ti porta un bel ricordo. Mi chiedo per quanto tempo è rimasto sopito in me quel passato così nitido ed entusiasmante della mia vita di laziale. Ma forse, invece, è sempre stato lì, silente,  pronto a riesplodere quando arrivasse l’occasione…

Immagine da profilo X di Giancarlo Oddi

Di questa intervista, in certi passaggi mi prende il magone, a volte l’entusiasmo, ma l’unica cosa che posso dire, avendo vissuto quell’era, è che quella squadra è stata la storia di calcio più straordinaria che sia stata vissuta in assoluto. E quella incredibile storia si è vestita dei colori biancocelesti. Ed è anche certo che la sua maestosità e grandezza offusca in maniera inoppugnabile qualsiasi patetico tentativo di sminuirne il suo incommensurabile valore.

La Lazio del 1974, L’intervista a Luigi Martini

Le sue parole, dalle colonne de Il Messaggero:

“Non può essere solo una vittoria di uno scudetto a far diventare una squadra leggenda. Anche il Cagliari, il Verona, la Fiorentina hanno strappato un tricolore contro ogni pronostico, ma nessuno è finito nel mito. Quale altra società al mondo ha avuto due-tre giocatori che facevano anche i paracadutisti? Quale squadra spaccava i lampioni con le pistole in ritiro per spegnere la luce? Quale club aveva un presidente rovinato dai debiti fino al collo, che chiedeva prestiti per rimetterli nella Lazio perché la considerava la sua unica ragione di vita? Quale gruppo è stato travolto da una simile spirale di morte come uno scherzo del destino?”

Mario Frustalupi / foto profilo X SS Lazio

“Quale altro allenatore muore, va in una cappella e si porta dentro i due giocatori più significativi? Brera e i giornali del Nord ci snobbavano, Pasolini ci chiamava la banda di fascisti, eravamo considerati la feccia del calcio, e invece eravamo leggenda. Non solo perché sapevamo giocare. Eravamo così trainanti che padre Lisandrini, un frate sereno e preciso, una volta si tirò su il saio e prese a calci un romanista che ci aveva offeso. Noi prendevamo a pugni la vita, come a Ipswich, quando arrivarono i celerini a fermarci. Con quella banda e il miglior direttore suonavamo il rock”.

 

fonte cittaceleste.it

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