Storie di Lazio: un Parma-Lazio di tensione, camminando sul ciglio del baratro della retrocessione in serie C
Era il 14 settembre del 1986. La prima di campionato vedeva un Parma-Lazio importante. La tensione era alle stelle, sapevamo di rischiare tantissimo quell’anno. Ma perché, se era solo la prima?
Eravamo in serie B e ci erano stati inflitti 9 punti di penalizzazione in un campionato in cui venivano assegnati due punti per la vittoria. Quella “punizione” equivaleva a dirci: “Vi abbiamo messo con un piede e mezzo in serie C; vediamo se ve la cavate anche questa volta”. Non avevano fatto bene i loro conti.
Arrivai da Roma in pullman ed ebbi il piacere di stare con mio fratello in tribuna, sceso da Milano dove lavorava; ma, mamma mia, quanto mi mancò quella curva che anche in trasferta sosteneva la squadra senza sosta per tutta la partita.
Fu uno 0 a 0 di tensione, ma senza particolari sussulti. La paura la fece da padrona.
L’unico momento di ilarità si presentò quando un tifoso del Parma davanti a me, si alzò e si rivolse verso la curva dei laziali farfugliando: “Mu alora, mu basta, fate scilenzio, fatezi vedere la partita bene, vè”. In realtà era un po’ più volgare, ma non offensiva.
Le risate si sparsero tra gli stessi tifosi del Parma che, ghignando, dicevano: “Il Zino ha bevuto anche ozzi, vè” (in emiliano la Z sostituisce la G e la C dolce…). Tutto questo mentre il “Zino” barcollava facendo fatica a stare in piedi nel sorreggere dentro lo stomaco il bollito, il prosciutto, il parmigiano e il “lambrosc” (lambrusco), tracannato evidentemente oltre ogni limite, con lo sguardo che tradiva una certa difficoltà nella fase digestiva…
Quella scenetta ci regalo un sorriso che stemperò la tensione.
Dopo la seconda in cui perdemmo 0 a 1 all’Olimpico col Messina toccando il fondo, cominciò l’inizio della fantastica cavalcata dei ragazzi del mister Fascetti, oramai entrati nel mito; quella squadra si salvò agli spareggi a Napoli nel luglio del 1987.
Da quella salvezza, iniziò la nostra rinascita. Il futuro ci avrebbe riservato gioie indicibili ed io, dentro di me, lo sentivo come un segno del destino. E così fu.