Si avvicina l’ora del Derby, il nostro giorno di San Crispino.
Si avvicina la stracittadina di Roma, l’ora del Derby calcistico, parafrasando l’Enrico V di William Shakespeare quello che un po’ è il nostro giorno di San Crispino. Andiamo, con la fantasia, indietro nel tempo e nello spazio ed atterriamo nei pressi di Agincourt prima di una battaglia decisiva. Le forze in campo non sono proporzionate: i Francesi sono molti di più rispetto agli Inglesi. Pertanto l’esercito di Enrico V è abbattuto, ha il morale come si suole dire “sotto le scarpe”. Sa che una vittoria è impossibile in quelle condizioni: combattere su un suolo straniero contro un esercito molto più numeroso e attrezzato. Ed allora Enrico V parla e fa un discorso straordinario. Risponde ad alcuni, fra cui suo cugino, che rimpiangono il non essere in un numero maggiore.
Leggiamolo: “Chi è mai che desidera questo? Mio cugino Westmoreland? No, mio caro cugino. Se è destino che si muoia, siamo già in numero più che sufficiente; e se viviamo, meno siamo e più grande sarà la nostra parte di gloria.
In nome di Dio, ti prego, non desiderare un solo uomo di più. Anzi, fai pure proclamare a tutto l’esercito che chi non si sente l’animo di battersi oggi, se ne vada a casa: gli daremo il lasciapassare e gli metteremo anche in borsa i denari per il viaggio.
Non vorremmo morire in compagnia di alcuno che temesse di esserci compagno nella morte”.
Il giorno di San Crispino.
“Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiano; colui che sopravvivrà quest’oggi e tornerà a casa, si leverà sulle punte sentendo nominare questo giorno, e si farà più alto, al nome di Crispiano.
Chi vivrà questa giornata e arriverà alla vecchiaia, ogni anno alla vigilia festeggerà dicendo: Domani è San Crispino; poi farà vedere a tutti le sue cicatrici, e dirà: Queste ferite le ho ricevute il giorno di San Crispino.
Da vecchi si dimentica, e come gli altri, egli dimenticherà tutto il resto, ma ricorderà con grande fierezza le gesta di quel giorno. Allora i nostri nomi, a lui familiari come parole domestiche – Enrico il re, Bedford ed Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester – saranno nei suoi brindisi rammentati e rivivranno questa storia.
Ogni brav’uomo racconterà al figlio, e il giorno di Crispino e Crispiano non passerà mai, da quest’oggi, fino alla fine del mondo, senza che noi in esso non saremo menzionati; noi pochi. Noi felici, pochi. Noi manipolo di fratelli: poiché chi oggi verserà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto umile la sua condizione, sarà da questo giorno elevata, e tanti gentiluomini ora a letto in patria si sentiranno maledetti per non essersi trovati oggi qui, e menomati nella loro virilità sentendo parlare chi ha combattuto con noi questo giorno di San Crispino!“.
Cari padri e figli biancocelesti, ognuno deve sentirsi Enrico V, ogni fratello laziale deve trasmettere al fratello dubbioso quanto scritto nel passato da William Shakespeare. Siamo Laziali, lotta, ardimento e poesia sono l’essenza del nostro essere.
Coraggio, popolo meraviglioso, andiamo incontro al Derby.
(Fonte: William Shakespeare)