Lazio-Couto

Lazio, Couto:” Ho amato i colori biancocelesti, vi racconto dei miei compagni..”

by Marzia luchetta
0 comments Lazio stemma

SS Lazio, Fernando Couto racconta la sua esperienza a Roma con la maglia biancoceleste

 Lazio-Couto :  Fernando Couto ,  tramite le parole ai microfoni di Lazio Style Channel e riportate da La Lazio siamo noi, ha ripercorso a tutto tondo la sua esperienza in biancoceleste: dall’analisi dei singoli giocatori al legame con lo spogliatoio, fino alla scelta, non scontata, di restare nella Capitale. Un racconto carico di emozione e consapevolezza, che testimonia l’impronta profonda lasciata dalla Lazio nel cuore dell’ex difensore portoghese.

LE SUE PAROLE : Non avrei mai immaginato di restare sette anni alla Lazio. Mi sono divertito tantissimo, ho giocato con cuore e anima. Abbiamo vinto trofei importanti e sono orgoglioso di aver fatto parte della storia di questo club. I due momenti più iconici? Sicuramente lo Scudetto: è stato il traguardo più significativo. L’anno prima lo avevamo perso in modo particolare, e riuscire a vincerlo l’anno successivo, in quel modo, è stato incredibilmente emozionante. Ho vinto ovunque, e per me i trofei hanno sempre avuto un grande valore. Sono uno a cui piace vincere, anche nella vita. Ma qui, alla Lazio, ho vissuto momenti davvero intensi e profondi. Credo che il percorso sia la parte più emozionante, persino più del trofeo. Per arrivare a un obiettivo devi pensare a tutto quello che hai affrontato, a ciò che hai vissuto. Il trofeo è il momento della gioia, certo, ma è il cammino che porta fin lì a darti il vero senso di ciò che hai conquistato. È parte di un ciclo, del lavoro che fai ogni giorno per arrivare a vincere”.

 Lazio, Couto: ” Ricordo perfettamente la partita della Supercoppa”

DE LA PENA:Sono arrivato al Barcellona insieme a Ivan, e lì ha fatto cose bellissime, di grande qualità. Forse era nella situazione ideale, in un contesto calcistico diverso da quello italiano, che gli ha permesso di esprimersi al massimo. Quando è arrivato in Italia, probabilmente non è riuscito ad adattarsi del tutto. Ha avuto delle difficoltà ad ambientarsi, forse anche nel modo di lavorare. Abbiamo vissuto insieme quell’esperienza: io mi sono adattato in modo diverso, lui ha fatto più fatica. Non è stato l’unico. Anche Gaizka Mendieta ha avuto problemi simili: il calcio italiano, molto più fisico rispetto a quello spagnolo, ha rappresentato un ostacolo per giocatori più tecnici come loro. Con un po’ più di esperienza e tempo, credo che la qualità che Ivan possedeva avrebbe potuto renderlo un giocatore molto più importante anche con la maglia della Lazio”. 

ARRIVO ALLA LAZIO: Sono arrivato più esperto rispetto a De La Peña, anche grazie all’esperienza vissuta al Parma, che mi aveva dato maggiore tranquillità nell’approccio iniziale. Abbiamo giocato subito la Supercoppa: una partita che ricordo perfettamente. Ricordo il gol di Sergio ,ce la meritavamo davvero. Quella gara è stata il ‘click’ che ha dato il via alla nostra stagione.  I tanti ruoli che ho ricoperto? Sì, sicuramente un segno di fiducia, ma anche il frutto di una grande gestione del gruppo. Negro, ad esempio, giocava centrale, Pancaro a sinistra. Eriksson lavorava anche per quindici giorni su un solo calciatore, se gli serviva per un ruolo specifico in una determinata partita. Il livello della rosa era talmente alto ed equilibrato che serviva una gestione attenta, e lui lo faceva alla perfezione. Durante le pause per le Nazionali, andavamo via quasi tutti: restavano solo cinque giocatori ad allenarsi con la squadra. Era un gruppo fortissimo.” 

Lazio, Couto: “La Serie A era di altissimo livello e stimolante”

LEADER: “Non vorrei soffermarmi sui singoli. Quella era una squadra con una leadership diffusa. C’erano tre capitani ufficiali: Favalli, Nesta e Marchegiani. Ma in realtà, tutti in quel gruppo avevano una personalità talmente forte che sembravamo tutti capitani. Ci gestivamo da soli, con grande rispetto reciproco. Il vero segreto di quella squadra era l’intensità con cui ci allenavamo ogni giorno. Tutti lavoravano allo stesso modo, con la stessa determinazione, perché chiunque poteva scendere in campo la domenica. Era una squadra con un carattere molto forte, composta da giocatori che, ognuno a suo modo, sapevano dare qualcosa di diverso e importante al gruppo”. 

LA SERIE A: “Quell’anno il livello della Serie A era altissimo. Era davvero stimolante. C’erano la Juventus, il Milan, squadre molto forti che si battevano al nostro stesso livello. Il campionato era equilibrato, competitivo, ed era bello e divertente non solo per i tifosi, ma anche per noi giocatori: affrontavamo ogni settimana avversari di grandissimo valore. In quel periodo, i più grandi stranieri del mondo giocavano in Italia. Il giocatore più forte con cui ho giocato è stato Ronaldo. Siamo stati compagni al Barcellona, l’ho visto allenarsi da vicino e ho potuto apprezzare tutta la sua forza e il suo talento. Uno dei momenti più brutti della mia carriera alla Lazio è stato proprio quando Ronaldo tornò dall’infortunio e giocò all’Olimpico. Era davanti a me, stava cercando di dribblarmi, e in quel momento si ruppe il ginocchio. Ricordo ancora il rumore. Non riuscivo ad avvicinarmi, ma mi accorsi subito che si era fatto male. Era lì, a pochi metri da me. Non ebbi il coraggio di intervenire, come fece invece Simeone. Fu un momento molto triste. Ricordo il silenzio dello stadio, un silenzio surreale. Dopo quell’infortunio, la partita praticamente finì lì. Nessuno riuscì più a giocare davvero”. 

LA FORZA DELLA SQUADRA :“La squadra era talmente forte che non posso scegliere un nome. Un sacco di giocatori forti. Anche chi non giocava era forte, come Sensini. Tutti i reparti erano molto equilibrati. Sarebbe ingiusto scegliere un nome”. 

 Lazio, Couto: “Sono rimasto perché sentivo una grande responsabilità”

LO SPOGLIATOIO: Avevo la fiducia dei compagni e dei giocatori. La nostra vera forza era proprio questa: la fiducia reciproca. Credevamo l’uno nell’altro. Forse avremmo potuto vincere qualcosa in più, ma abbiamo fatto un grande percorso e ci siamo divertiti tanto. La capriola? Mi è sempre piaciuto farla. Ho iniziato quando ero al Porto, da ragazzino, qualche volta dopo gol importanti. Quando sono arrivato qui, ho ripreso a farla dopo una rete e alla gente è piaciuta subito: era diventata quasi un gesto obbligato. A volte facevo persino fatica a farla, ma era parte del momento. Il coro “Non mollare mai” cantato per 30 minuti? Ho sempre avuto un rapporto speciale con la tifoseria. Mi piaceva molto il loro entusiasmo: erano caldi, presenti, molto attivi. C’era un bel feeling tra noi”. 

CARATTERE: All’interno dello spogliatoio ho sempre avuto un carattere deciso: rivendicavo la mia posizione e il mio spazio. Sono sempre stato così, ed è stata una parte importante della mia forza. Non sono mai stato uno che molla. A volte, anche una bella litigata può essere utile per raggiungere certi obiettivi. Sono cose che succedono, sia negli spogliatoi che durante gli allenamenti. Non è necessario litigare sempre, ma neanche essere sempre amici. L’importante è saper affrontare insieme anche i momenti difficili.”

LA SCELTA DI RESTARE: Sono rimasto perché sentivo una responsabilità. Avevo ricevuto due proposte dall’Inghilterra, un campionato che mi incuriosiva molto, ma in quegli otto anni ho vissuto qualcosa di intenso. È stato proprio questo a spingermi a restare, anche in una Lazio diversa rispetto a quella vincente degli anni precedenti”. 

 

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Logo Laziolive.tv

©2023 Tutti i diritti riservati Lazio Live TV

Testata Giornalistica - Autorizzazione Tribunale di Roma n°85/2022 - Direttore Responsabile: Francesco Vergovich