Oggi si parla di Sven Goram Erikson, il “profeta della zona”.
Oggi, su questa Rubrica, si parla di Sven Goram Erikson, il “profeta della zona”. Un allenatore che negli anni 80 cercava di rinverdire i fasti del calcio totale e di soppiantare il calcio statico della marcatura a uomo. Vincitore in Svezia, come in Europa, il giovane Eriksson portava il Göteborg a vincere la Coppa Uefa (prima squadra svedese) ed ad affascinare il blasone del Benfica che portava in finale di Coppa Uefa.
Era convincente nel modo di proporre le sue idee da attirare le lusinghe dell’allora campionato più bello del mondo. Con la Roma che cercava un sostituto per un altro svedese: il barone Liedholm. Un impatto traumatico: con i campioni che faticavano a dialogare con lui. Con l’approccio del giovane mister che pensava più alla squadra che al fuoriclasse di turno, con l’idea che il gioco valesse più del singolo. Al secondo anno quella Roma esplodeva. E dopo una rimonta insperata ai danni della Juve, sbatteva contro la retrocessa Lecce, in quello che rimarrà per sempre una delle più grandi tragedie per il popolo romanista.
Poi la Fiorentina. Per poi emigrare ancora. Sempre al Benfica. E dopo tornare prima nella Sampdoria e poi nella Lazio. Dove trovava una squadra arricchita dai miliardi di Sergio Cragnotti.
Oggi si parla ancora della Lazio di Erikson
Ancora oggi si parla tanto della Lazio di Mister Erikson, con un allenatore completamente cambiato nel modo di vedere il Calcio. Quasi che il pragmatismo del nostro pallone l’avesse contaminato. Non più zona totale, fraseggio stretto e pressing alto. Ma un approccio più meditato. Con i singoli calciatori nei posti giusti: un atteggiamento insospettabile qualche anno prima. Quasi che l’indole del giocatore fosse più importante del collettivo. Quasi fosse il campione a forgiare la squadra e non viceversa.
E così, con i campioni dell’era d’oro, la Lazio vinceva lo scudetto tanto agognato. Atteso da così tanti anni. A coronare un’epopea. Che bello attendere la pioggia …
Il primo allenatore a condurre da straniero la nazionale dei Maestri
Sempre pacato negli atteggiamenti l’allenatore svedese. Mai una parola fuori posto. Mai una polemica. Sempre attento a misurarle … le parole. Tanto da definirlo “british”, nei comportamenti e nell’atteggiamento; talmente “british” da essere ingaggiato dalla nazionale inglese. Perfetto in quel ruolo. Portando anche lì la forza della sua pacatezza.
Senza, però, coronare la sua esperienza con un titolo. Che da tanto mancava e manca in terra di Albione.
E poi tanto girovagare per il mondo tra nazionali e squadre di club. Fino al ritorno nella sua amata Svezia, per fare da direttore tecnico in una squadra di terza divisione. A godersi la pensione senza però, mai, staccare la spina.
L’Uomo ha segnato tanto il calcio, per più di trent’anni. Cambiando ed adattandosi. Come tutti coloro che per intelligenza si adeguano ai contesti e alle situazioni.
Così, l’uomo che veniva dal Nord, é diventato un po’ anche italiano: un po’ uno di Noi.
Forza Mister, non mollare !