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Vincenzo D’amico, “il Calcio”

by Paolo Buchetti
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L’eterno ragazzo, il suo sorriso e la sfrontatezza degli anni di chi era spettatore di allora

Io ero li, con te, con l’ingenuità dei miei 13 anni e te, con la sfrontatezza dei tuoi 18.

 

Io 3 ore prima della partita, quei 3 gradini sopra il muretto della penultima uscita alta della curva sud, prima della Montemario. Da li, partivano i cori che a “tsunami”, inondavano lo stadio di amore. Te in campo, con quella maglia tatuata nel cuore per sempre.

Era il 1973- 74. Non ho voglia di spiegare come era allora il calcio, la curva, lo stadio. Magari in un altro momento….

Ma ricordo bene cosa era venire a vedere “il calcio”.  Alla mia età, ancora non capivo effettivamente cosa avevo davanti e non riuscivo, allora, ad apprezzare veramente cosa stava succedendo.

 

l’Olanda di allora

Ma quella squadra era “il calcio”. Quella era l’”Olanda “ di allora.

Non ho voglia di spiegare cosa era l’Olanda allora, ma cercherò di farlo brevemente. Un concentrato di tecnica, di dinamicità, di grinta e sfrontatezza che lasciò il segno.

 

L'”Olanda” italiana

Ecco, la Lazio di allora era questo. Una squadra che, nell’era del “catenaccio”, del “prima non prenderle” (in questo eravamo bravissimi noi italiani), propose “calcio”.

Corta, dinamica, arcigna, tecnica, pazza, ma soprattutto… che creava la superiorità, il concetto del “dai e vai”, e se non puoi dare,  … dribbla.

 

Sembrava tutto così facile, straordinario, ma anche “prodigiosamente” naturale, allora. In quella squadra tutti creavano la superiorità, a cominciare dai terzini.

Avrei tanto da dire su quella squadra, ma non ho voglia di spiegare, scusate …

 

l’Olanda di Johan, la Lazio di Vincenzo

Di quell’Olanda poi c’era lui, Johan Cruijff, un concentrato di leggiadria, tecnica, sfrontatezza, velocità, genialità.

Ecco, Vincenzo era il nostro Cruijff.

Con quel sorriso beffardo, un fisico che non incuteva timore inizialmente. I difensori, guardandolo pensavano: “ma questo dove va …? Lo “curo” bene e lo stendo subito, così capisce che aria tira oggi”.

Il problema è che dovevi avvicinarti a quel sorrisetto ironico, sbeffeggiante; dovevi accostarti e cercare di toccarlo in qualche modo, se ci riuscivi.

 

E lui regolarmente andava via, beffardo, perculeggiante, se mi passate il termine, ma non trovo di meglio.

 

Lui, geniale, dribbling, testa alta, assistman e goleador. Lui, “il calcio” coi suoi 18 anni e io coi miei 13, inconscio spettatore di questo straordinario prodigio.

Come quel fratello più grande che ti guarda sorridente e ti dice: “tranquillo fratellino, adesso entriamo in campo e li stendiamo. E  poi, s’abbracciamo”.

 

Questa è una storia “parallela” di amore reciproco per la squadra dei colori del cielo.

Non ho voglia di continuare. Scusate …

Ciao Vincenzo, fai buon viaggio …

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