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Un semplice ciao a Gian Marco.

Un semplice e triste ciao a Gian Marco Calleri. Con qualche giorno di ritardo, questa rubrica ricorda un uomo garbato, elegante. leale, serio ed onesto. Ha preparato la “strada” al presidente Cragnotti, salvandola dai debiti, dalle ingiustizie del “calcio scommesse”, con tanta dignità ed un briciolo di simpatia. Per chi scrive, Calleri rimane il simbolo di una Lazio operaia, bella ed amata come non mai. Reduce da un’affannosa salvezza in serie B, fu proprio lui ad iniziare a “programmarla” e renderla “Grande“.

Gian Marco Calleri, passò dalle annate atipiche del Flaminio alle difficoltà di fare utile per spianare i debiti, con grande e rispettabile dignità. Portò in dono alla società più antica di Roma gente come Ruben Sosa, Kalle Riedle, Troglio, Gregucci, Amarildo, Pin e Doll. Valorizzò un giovane talento romano molto esuberante, Paolo Di Canio

Chiamò in “Società” una futura istituzione come Dino Zoff, scaricato dalla Juventus, fino ad arrivare alla dispendiosa little cherry inglese: Gazza.

Ora in tribuna c’è Claudio Lotito, con il suo debordante cappellone a falde larghe, che a stento ne contiene il volto. Gian Marco era tutt’altra persona; sintetizzava personalità ed amicizia. Era uomo disponibile al confronto e alla mano, ci potevi andare anche a prendere una birra insieme! Beh, se ne va Calleri e il pubblico laziale gli deve molto. Che spicchi il volo in cielo. Come l’aquila simbolo di tutti noi tifosi biancocelesti.

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