Vincenzo D'Amico

S.S. Lazio, Vincenzo D’Amico: oggi ricordiamo un grande laziale

by Valentino Valentino
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Lazio : oggi ricordiamo un grande laziale che ci ha lasciati ancor più soli

Oggi, su Piazza della Libertà, rubrica dei sentimenti biancocelesti di Lazio Live Tv, ricordiamo il grande Vincenzo D”Amico. Vincenzino, come amavamo chiamarlo noi tifosi più attempati, é stato il capitano  di una squadra che non c’è più.

Ci ha lasciato due anni  fa. Quello che era un talento, come calciatore ed uomo, se ne é andato col fragore di un tuono di un pomeriggio assolato. In un caldo primo di luglio, il golden boy della banda Maestrelli ci ha lasciati ancora più soli e frastornati. Un “ragazzino” capace di vincere uno scudetto, un tifoso della Lazio prima che calciatore, un serio e simpatico opinionista radio-televisivo non è più con la sua gente.

Una malattia infida e bastarda lo ha portato via a tutti Noi. La sua Gente.

L’ho visto calcare i campi d’Italia con leggiadria, classe, inventiva e con un “Grande Amore” per la Maglia e per il Popolo biancoceleste. Lazio-Foggia, Lazio – Catanzaro, Lazio-Varese e tante altre partite lo hanno posto in cima alla “categoria” dei “Capitani coraggiosi”. Amato da tutti i Laziali, ha portato nella vita la bandiera della Lazialità con simpatia, coraggio ed irriverenza. Uno dei pochi a firmare contratti in bianco con la Lazio ed a vivere in spirito scanzonato per il Club biancoceleste.

Lazio: oggi ricordiamo Vincenzo D’Amico

Prendo in prestito le parole del poeta John Donne per ricordarlo, perché chi lo ha portato via agli affetti più cari non ha vinto!

il momento della battagliaEcco il testo: “Morte, non essere troppo orgogliosa, se anche qualcuno ti chiama terribile e possente Tu non lo sei affatto. Perché quelli che pensi di travolgere in realtà non muoiono, povera morte, né puoi uccidere me. Se dal riposo e dal sonno, che sono tue immagini, deriva molto piacere, molto più dovrebbe derivarne da te, con cui proprio i nostri migliori se ne vanno per primi, tu che riposi le loro ossa e ne liberi l’anima. Schiava del caso e del destino, di re e disperati, Tu che dimori con guerra e con veleno, con ogni infermità, l’oppio e l’incanto ci fanno dormire ugualmente, e molto meglio del colpo che ci sferri. Perché tanta superbia? Perché tanta superbia? Trascorso un breve sonno, eternamente, resteremo svegli, e la morte non sarà più, sarai Tu a morire”.

In un caldo primo di Luglio, ancor oggi, lo ricordiamo. Con ancora più tristezza.

Ciao, Vincenzino.

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