La Lazio del 1974, la lettera di Gigi Martini al compagno scomparso Frustalupi
La Lazio del 1974, lettera di Martini a Frustalupi – Quando si pensa a quella squadra costruita col tocco di un artista di grande sensibilità calcistica, ci si focalizza su tanti giocatori e addetti ai lavori che hanno avuto la luce dei riflettori puntata su di sé per decenni. Ma chi ha vissuto quei momenti calcistici eccezionali ed abbia un minimo di confidenza col mondo del calcio, non può sbagliarsi.
Chi era il faro, il genio di quella Lazio
Il vero genio di quella Lazio, l’elemento che era imprescindibile per far girare la palla con intelligenza, velocità e precisione, era uno solo. Parliamo di Frustalupi. I suoi tocchi, i suoi lanci smarcavano da 40 metri l’uomo in corsa verso la porta o aprivano spazi in cui quella squadra si infilava come il burro. E questo, sia che giocasse con una realtà di seconda fascia, o sia che giocasse contro Juventus, Inter o Milan.
Quando sentiamo parlare in televisione o leggiamo libri o articoli dei giocatori che sono ancora con noi, impariamo sempre cose nuove su quella forse irripetibile “gabbia di matti”. Tante sfumature sono anche conferme, per chi ha vissuto dal vivo quell’era paradisiaca della nostra storia. Ma forse, quella squadra, proprio per le sue contraddizioni e i suoi atteggiamenti apparentemente discutibili, non avrebbe mai raggiunto quello storico risultato se avesse invece riscontrato forti crismi di “normalità”.
la lettera di Martini
Oggi, la nostra conoscenza si arricchisce di nuovi particolari e di aspetti piccoli, forse insignificanti ma che hanno marchiato a fuoco quell’alone di mitologia che ci lascia in eredità quel sodalizio da brividi. La lettera di Martini all’amico venuto a mancare nel 1990 vuole raccontargli di quella indimenticabile giornata di ricordi, che dopo 50 anni restano così indelebili in coloro che li hanno vissuti e così ben tramandati ai giovani che portano con orgoglio il nostro vessillo. Queste le sue parole:
“Caro Mario ma dove sei? Qui c’è stata grande festa per la ricorrenza della vittoria del primo scudetto, vittoria di cui tu sei artefice principale ma come al solito te ne stai da parte , sempre in seconda fila, discreto e riservato. Quando saliva la tensione tra i due spogliatoi tu eri già in campo e quando, durante le famose partite tra di noi cominciava la rissa tu eri già sotto la doccia. Lo so Mario tu non avevi bisogno di partecipare a quella follia collettiva che in fondo riguardava Chinaglia e Wilson contro Martini e Re Cecconi. Tu non capivi perché rischiare le gambe. Ricordo un giorno, dopo scontri particolarmente violenti tu mi chiedesti perché tutto questo, per cosa ? Non ha senso arrivare la Domenica a giocare la partita contro gli avversari veri con le gambe ferite dai compagni, non c’è ragione mi dicesti.
Caro Mario…
Caro Mario io allora non avevo una risposta da darti, non avevo capito bene perché lo facevo, sentivo che andava fatto, che non dovevo arrendermi, sentivo che quella era la mia rivincita contro un mondo passato che non volevo più. Sai Mario solo quando se ne è andato via il Maestro ho capito che Giorgio combatteva per la stessa ragione. Senza più la sua guida Giorgio ha mostrato le sue sofferenze ed io ho capito che combatteva non contro me ma contro quello che non voleva ritornasse. Caro Mario tu sei stato il primo a capire che senza il Maestro tutto sarebbe finito e te ne sei andato via, un giorno, senza dirlo a nessuno. Io così non ho potuto darti una risposta, ma fa niente, anche perché avevi ragione tu, allora, ma solo allora un senso non l’aveva!!”
fonte lalaziosiamonoi.it