L’urlo al 95esimo minuto figlio di un amore immenso per i colori biancocelesti
Lazio-Atletico Madrid: c’è un comune denominatore, che unisce tutti cinquantamila e più che ieri sera erano presenti all’Olimpico, per l’esordio in Champions della Lazio del “Comandante” Sarri, un boato, un urlo liberatorio che ha scosso il cemento ed il ferro dello stadio.
Un boato che porteremo per sempre nel nostro cuore, si noi tutti i presenti, un urlo figlio di un essere laziali, di manipolo di fratelli che hanno come sospinto Provedel in quel volo che ha poi liberato il boato.
Un amico, oggi tra i tanti mi ha girato un post visto sui tanti social che osannano il gesto del portiere biondo della Lazio, che incarna fedelmente cosa quel boato quell’urlo significa per noi laziali.
L’urlo di ieri al 95° è quello che ci riporta alla realtà, è l’urlo delle viscere che fremono del sangue che gonfia le vene, delle scarpe sporche e delle cicatrici.
È l’urlo dei dannati che vedranno il paradiso, è l’urlo del gol di Monelli, di Pioli, di Fiorini e di D’Amico.
L’urlo di chi nonostante tutto alza i trofei, l’urlo che vi fa stizzire, che squarcia il vostro silenzio di cartapesta.
È l’urlo di chi dal 9 Gennaio 1900 scelse di marciare da solo con le stesse insegne e gli stessi colori. Con la stessa gente accanto. Con lo stesso amore.