Lazio, dopo 18 anni è addio a Tare, ora Sarri ha in mano il futuro
Lazio – Quello che è accaduto nella giornata di oggi era nell’aria.
L’addio di Tare alla Lazio era preannunciato da tempo, dopo 18 anni l’ormai ex direttore sportivo lascia Formello, interrompendo un legame con Lotito che andava oltre l’ambito calcistico.
Ciò che lascia attoniti è la decisione perentoria del presidente e il tempismo con cui è stata presa.
Lotito ha scelto Sarri, e con Sarri ha scelto la rivoluzione, che non è solo un termine per definire il modus operandi del mister toscano, ma va anche a marcare il concetto del pensiero vincente di Lotito.
Il presidente sente aria di prestigio, sa che con Sarri le cose sono cambiate e potrebbero mutare in meglio nel corso degli anni. Ciò lo afferma anche nell’ultima intervista al Corriere dello Sport: “Questa non è più la lazietta, ora meritiamo rispetto”
Ma parlavamo di Tare, come si è aperta la crepa insanabile tra il ds e mister Sarri?
Tutto ha avuto inizio durante il mercato di riparazione della stagione 21/22. Sarri chiedeva con insistenza dei rinforzi, più precisamente nel reparto avanzato. Il compito di Tare era quello di trovare profili adatti alle idee del Comandante. Ma alla fine si è deciso di puntare su una scommessa dello Sporting Lisbona: Jovane Cabral.
Il disappunto di Sarri sull’operazione lo mostra personalmente nelle dichiarazioni pre-match di Fiorentina-Lazio: “Cabral sinceramente non lo conosco. E’ un operazione condotta superficialmente da un uomo dello staff della Lazio, perché mancavano pochi giorni alla chiusura del mercato. Ora cercheremo di tenerlo in considerazione per fargli fare l’attaccante centrale anche se non è in condizione“.
Nell’estate del 2022 scoppia definitivamente la lite da dentro o fuori. Poco prima della presentazione delle nuove divise da gioco della Lazio a piazza del popolo, si vocifera di una lite tra Sarri e Tare a causa dei mancati acquisti da parte del ds in vista della partenza per Auronzo. Sarri su tutte le furie non si presenta alla serata, (ufficialmente per programmare il ritiro con lo staff) mentre Lotito e Tare vengono pizzicati nel bel mezzo di una lite in cui testimoni dichiarano di aver sentito da parte di Tare un : “Scegli, o me o lui“, rivolto al presidente.
Durante la stagione i rapporti non migliorano e Sarri continua a punzecchiare la dirigenza biancoceleste nelle conferenze stampa.
Nel pre-match di Sassuolo-Lazio, alla domanda se la Champions League fosse un obiettivo, risponde così: “Questa squadra negli ultimi anni ha parlato di grande stagione con un 4° posto raggiunto, in 10 anni non ricordo tante presenze della Lazio in Champions, per me più che obiettivo si tratta di miracolo. Tuttavia ora ci troviamo dentro e proviamo a giocarcela“.
Pronta la risposta di Tare che dice: “Non sono d’accordo con Sarri, la Lazio è una squadra costruita per ambire ad entrare in Champions, per noi è un obiettivo e non un miracolo“.
La diatriba si conclude oggi, con le dimissioni ufficiali di Tare dopo 18 anni di Lazio.
Quello che più fa credere all’ambizione di vittoria di Lotito, è il coraggio di rompere un idillio lungo quasi 20 anni. Un binomio che andava oltre la sfera calcistica. Il presidente ha affidato completamente la sua creatura a Sarri, come fosse un figlio da educare. Si è rimesso in gioco lui stesso, dimostrando dopo quasi 20 anni di presidenza, di riuscire a mettere da parte l’ego che per anni ha usato come muro, per difendersi dagli attacchi esterni. Ha deciso di dare spazio al bene superiore, che è quello della Lazio e dei tifosi .
Ora non resta che godersi il futuro. Che la rivoluzione abbia inizio, il “sarrismo” ha vinto.